I dati di

Into the (un)known

Tutti i video e le immagini presenti nella mostra Into the (un)known derivano da simulazioni computazionali realizzate a partire da dati scientifici e da osservazioni radio.

Anche la musica che accompagna il visitatore lungo tutto il percorso è frutto di un lavoro di sonificazione di quegli stessi dati scientifici. I dati astrofisici sono infatti rappresentati da sequenze di numeri che, per essere compresi e studiati vengono generalmente trasformati in complicati grafici e/o mappe poco intuitive, generalmente destinate agli addetti ai lavori.

La mostra “Into the (un)known” vuole andare oltre, trasformando instabilità cinetiche, onde e turbolenze in immagini artistiche, video e suoni, dove i vari fenomeni fisici diventano non solo differenti strumenti di un’orchestra, ma anche la voce narrante di come fenomeni come la turbolenza si manifesta, una voce che altrimenti sarebbe rimasta nel silenzio del vuoto cosmico. In questo modo gli studi condotti negli anni non rimarranno solo circoscritti a documenti e pubblicazioni ma assumeranno altre forme, accessibili al pubblico, osservabili e interpretabili secondo altre chiavi di lettura mostrando come anche il caos può avere un lato armonico e coinvolgente

I dati di partenza sono il frutto di simulazioni numeriche effettuate usando i codici OSIRIS e ENZO , combinati con osservazioni condotte con il Very Large Array (VLA).

Indagini e video sono stati realizzati da Giannandrea Inchingolo per il progetto “Turbulence | Voice of Space e in collaborazione con il Visit Lab del CINECA diretto da Antonella Guidazzoli e il gruppo di ricerca (AM)^2 della Prof.ssa S.Morigi dell’Università di Bologna per il progetto “Fiber of the universe.

Il suono invece è stato creato prendendo i dati grezzi della ricerca e inserendoli all'interno del Massive Modular Synthesiser del prof. Joseph Paradiso del Media Lab del Massachusetts Institute of Technology, un sintetizzatore analogico composto da più di 150 moduli. A ciascuno di questi moduli viene assegnata una differente quantità fisica (campi elettromagnetici, correnti, densità del plasma e così via) e i suoni così prodotti vengono mescolati assieme in maniera casuale: l’evoluzione del campo magnetico, dunque, in un certo senso fa da direttore d’orchestra per la scelta dei vari suoni. Il suono così creato diventa colonna sonora del progetto, la voce dello spazio generata da questi moti turbolenti che non si propagherebbe altrimenti nel “vuoto” cosmico.